Cappotto Termico Esterno a Regola d’Arte

Scritto da Antonio Martini

il 19 Settembre 2014
Cappotto Termico Esterno - Costruzioni Martini Padova

Cappotto Termico è il nome comunemente usato per intendere un sistema edilizio, il cui denominazione tecnica corretta è:

Sistema composito per l’isolamento termico delle facciate dall’esterno

Per comodità, in questa pagina continueremo a chiamarlo come fanno tutti: cappotto termico.

Alcuni chiarimenti iniziali

È definito composito, perchè composto da un insieme di strati sovrapposti, raggruppati in 3 elementi principali:

  • Isolamento Termico
  • Rasatura Armata
  • Finitura a Spessore

Questi 3 elementi principali e i loro relativi sub componenti -come vedremo- devono essere considerati nel loro insieme come unSistema‘, e non come elementi separati da poter scegliere, acquistare, e utilizzare in modo indipendente l’uno dall’altro. Questo è molto importante.

Si parla di cappotto termico solo per le facciate esterne verticali, o di soffitti nei portici e nelle logge (quindi, nell’intradosso, non nell’estradosso).

Non si parla di cappotto termico, per isolamenti dall’interno degli edifici, o per i tetti e le coperture.

Il sistema a cappotto esterno è prevalentemente termico, ma può essere anche acustico.

Note su questo Post

In questo articolo, tratteremo solo del ‘Sistema Cappotto Termico‘. Cos’è, come si compone, e la regola dell’arte per la sua applicazione.

Non entreremo nel dettaglio dei diversi materiali isolanti esistenti e delle relative prestazioni.

Le nozioni e i concetti sono tratti dal Manuale Cortexa scaricabile da questo link; nonchè dal seminario tenuto da IVAS ® presso il Collegio dei Geometri di Padova, nel settembre 2014; e, da alcune pubblicazioni professionali.

Davvero molto utile, infine, è stato il Webinar realizzato da Cortexa, un video pubblicato poi on-line, e che per comodità alleghiamo in calce a questa pagina, per chi preferisse tale supporto mediale.

I RIFERIMENTI PER UNA CORRETTA ESECUZIONE 

A oggi non esiste una Legge che tratti il cappotto termico come elemento edilizio. Esiste solo una Best Practice: il Manuale Cortexa.

Cortexa ®  è un consorzio nato nel 2007, del quale fanno parte 10 soci e 9 partners qualificati. I 10 soci sono di fatto i primi dieci produttori di sistemi per cappotto termico, in Italia e in Europa. Facendo squadra e mettendo insieme i rispettivi know-how ed esperienze, hanno realizzato quello che è ad oggi l’unico riferimento tecnico per la regola dell’arte nell’esecuzione del cappotto termico esterno.

I 9 partner qualificati, sono specialisti nei singoli componenti, forniti ai vari Sistemi. Tra i partner c’è la nostra Stiferite ®, azienda padovana che produce pannelli isolanti con prestazioni di comportamento e isolamento particolarmente apprezzate dai sistemisti.

I 10 soci, sono sostanzialmente produttori di ‘Sistemi‘. Come anticipato, la prima regola da seguire quando si progetta l’esecuzione di un cappotto termico è quella di scegliere un Sistema completo; il quale, nel dettaglio è costituito da tutti questi singoli elementi:

Sistema Cappotto Termico

  • Colla di aggrappo al supporto verticale – collante per il fissaggio delle lastre al supporto della parete, sia esso muro grezzo, intonaco, legno, calcestruzzo, o altro.
  • Isolamento termico – il cuore del cappotto termico, in lastre, il cui materiale può essere EPS, lane e rocce, grafite, sughero, fibra di legno, Stiferite, Multipor, e altri.
  • Tasselli di fissaggio – hanno la funzione di opporre resistenza al risucchio dei venti, che possono esercitare tensioni fino a 100 kg/m2, strappando letteralmente il cappotto termico, se non aggrappato correttamente.
  • Schiume per sigillature – da usare per riempire gli interstizi e le fessure, che dovessero formarsi tra una lastra e l’altra.
  • Accessori per punti critici – angoli, paraspigoli, giunti di dilatazione, profili di partenza e attacco, ecc.
  • Intonaco sottile rasante – un intonaco a tutti gli effetti, di spessore sottile, progettato per resistere alle tensioni dovute a shock termici.
  • Rete di armatura del rasante – è l’elemento che resiste alle trazioni (immaginate di poter ‘prendere’ il cappotto in due punti, e tirarlo, come un elastico; questa è la trazione) che il sistema deve sopportare nella sua ordinaria funzione di isolamento termico.
  • Finitura a spessore – elemento finale che conferisce protezione all’intero sistema, e la decorazione esterna del fabbricato, nel colore scelto.

PERCHÈ SCEGLIERE UN SISTEMA

e non singoli elementi ‘sfusi’ ?

 

Per non finire in tribunale con un contenzioso.

Questo vale tanto per il committente, quanto per l’impresa esecutrice, oltre al Direttore Lavori coinvolto.

Il committente

Il committente dovrebbe tutelarsi al fine di non avere una casa priva delle prestazioni attese, e anzi, con problemi dovuti alla scorretta esecuzione, il cui risanamento comporterebbe insopportabili costi, non solo economici, ma anche di salute in termini di benessere psicofisico. A nessuno -crediamo- piace essere coinvolto in contenziosi legali. Avere altri e nuovi lavori in casa, poi, non è così facile da digerire.

Impresa esecutrice

L’impresa esecutrice, dovrebbe invece tutelarsi dal rischio di incappare in quei committenti privi di scrupoli, che a fine lavori cercano qualsiasi pretesto per non pagare il lavoro eseguito. Spregevoli certo, ma ci sono. Una corretta esecuzione a regola d’arte, è l’unica cosa che può tutelare, quando usciranno i periti di parte e del tribunale con le loro termocamere. Se poi i difetti sono visibili a occhio nudo, difficile affermare di aver ‘lavorato a regola d’arte’.

Sistema assemblato

Alcune imprese si procurano i singoli elementi sopra elencati, un pò quà e un pò là, per risparmiare e per soddisfare il cliente che vuole spendere il meno possibile.

In presenza di componenti con varie provenienze e produttori, si parla di ‘Sistema Assemblato‘. Nell’adottare questa tipologia, è bene avere presente le possibile conseguenze. Sia per il committente, che per l’impresa esecutrice.

Sistema finito

I produttori di Sistemi per cappotto termico, spendono fior di quattrini per eseguire prove di laboratorio, e potervi dare una garanzia.

Se un’impresa realizza un sistema assemblato, se ne assume tutte le responsabilità e si fa carico in prima persona delle garanzie per il committente. Sì, dev’essere l’impresa a dare garanzia del sistema assemblato eseguito. Non potrà in alcun modo, provare a scaricare la colpa su chi gli ha venduto le lastre, i tasselli, o la rasatura, ecc.. Di fronte al giudice, sarà inevitabilmente soccombente.

Se si usa invece un sistema finito cappotto termico, in ogni suo componente, prodotto e venduto da un’unica azienda, questa fornisce tutte le garanzie del caso. A condizione, ovviamente, che l’applicazione sia stata eseguita a regola d’arte, seguendo le istruzioni del Manuale Cortexa.

Attenzione:

se si usa il sistema con il 95% dei componenti previsti, e poi, ad esempio di va a prendere la sola rete di armatura da un’altra parte, il sistema -ovviamente- non è più garantito.

Conclusione

Insomma, molto semplicemente, se usiamo un Sistema garantito, saremo tutelati. Diversamente, il committente vedrà tutti i soggetti, fare il solito scarica barile, dall’uno all’altro.

CERTIFICAZIONE DI UN SISTEMA CAPPOTTO TERMICO

Un buon Sistema Cappotto Termico dovrebbe essere certificato ETAG 004.

La certificazione segue tutta una serie di prove in laboratorio. Prove al fuoco, agli urti, alle intemperie, ecc..

Tra le prove, c’è quella dell’invecchiamento accelerato, in camera climatica per testarne la durabilità.

Le norme europee prescrivono durate minime dei materiali in 25 anni.

La durabilità dei materiali in edilizia e degli edifici in generale, è una barriera psicologica. In Italia, ci si è abituati a pensare le case come ‘eterne’. Così non è, ma l’argomento richiede un post a parte. Per darvi un’idea, per gli intonaci la scienza delle costruzioni prevede una vita di 20 anni. È sotto gli occhi di tutti, che la durata è molto più lunga.

Le prove in camera climatica per un cappotto termico durano 3 mesi, per simulare l’invecchiamento a 25 anni. Tuttavia, è provato dall’esperienza, che i cappotti ben progettati e realizzati, durano circa 50 anni.

Caratteristiche generali

Lavorando all’esterno dell’edificio, il cappotto termico non è soggetto a particolari tensioni da vapore. Per questo motivo, non necessita di barriere in tal senso.

Nel cappotto non sarà mai presente del vapore acqueo; cosa che anzi è categoricamente vietata. La presenza d’acqua in un cappotto termico, rappresenta il luogo ideale per il proliferare di micro organismi. Inoltre, l’acqua è un ottimo conduttore di calore; esattamente l’opposto di quanto richiesto all’isolamento termico.

4 regole base per il buon Cappotto Termico

Per avere un cappotto che abbia delle ottime prestazioni sin dall’inizio, e che durino per tutta la sua vita utile (salvo il normale e naturale deterioramento fisico), i famosi 50 anni, bisogna rispettare scrupolosamente quattro capi saldi:

  • Qualità nella progettazione iniziale
  • Qualità dei prodotti
  • Qualità dell’applicazione
  • Rispetto del Sistema Cappotto nei suoi componenti

La fase progettuale

Quando parliamo di ‘buona progettazione‘, ci riferiamo naturalmente al lavoro del tecnico progettista dell’edificio, il quale, spesso, prescrive anche i materiali di capitolato.

I materiali isolanti usati nel Sistema Cappotto, sono studiati, testati, e realizzati per quello specifico scopo.

Se il progettista si è invaghito di un isolante dalle prestazioni oggettivamente straordinarie, ma non realizzato e pensato per lavorare in un Sistema Cappotto Termico, è molto rischioso -per lui- prescriverlo; e, pericoloso per il suo committente.

Un progettista e direttore dei lavori, che abbia approfondito il tema dei cappotti termici, difficilmente si arrischierà a scegliere qualcosa di diverso da un buon Sistema.

In fase progettuale, e quindi prima di andare in cantiere, bisogna aver definito le eventuali linee di discontinuità; linee dove si cambia materiale e spessore, per varie esigenze, come la zoccolatura dell’edificio, con il cappotto termico che arriva sotto il piano campagna, dove il materiale ‘normale’ non può essere applicato.

LA POSA A REGOLA D’ARTE

Per una corretta esecuzione del cappotto termico su un edificio, si devono rispettare le indicazioni previste per ognuno dei componenti che formano il sistema, elencati sopra. Oltre a questo, una corretta fase di posa inizia con l’esame del Supporto verticale, muro grezzo, in laterizio, calcestruzzo, legno; intonacato o non; o qualsiasi altra situazione.

Iniziamo quindi da quì, dal:

Supporto strutturale del cappotto termico

Verificare e analizzare a vista e al tatto, che il supporto sia:

  • sano, senza parti deteriorate, incoerenti, ammalorate
  • pulito, totalmente privo di sporcizia di qualsiasi tipo
  • privo di efflorescenze (‘salso’)
  • privo di parti staccate o isolate (come l’intonaco, dal muro sottostante)

La Direzione Lavori dovrebbe quindi fare alcune prove, molto veloci e pratiche:

  • verifica dell’avvenuta pulizia
  • prova di incisione a quadrettatura
  • prova di battitura
  • verifica della planarità (non che la superficie sia a piombo, ma che sia perfettamente piana)
  • prova di incollaggio
  • prova di strappo

Verificato che il nostro supporto è idoneo alla posa di un cappotto termico, iniziamo la fase vera e propria di:

Posa del cappotto termico

La Partenza

La posa delle lastre inizia dal basso. Per posare la prima fila, dobbiamo materializzare il piano orizzontale di partenza. Cosa che si fa mettendo in opera appositi profili metallici in lega leggera, chiusi, e dotati di gocciolatoio per lo smaltimento delle acque meteoriche (la pioggia), che mai, dovrà fermarsi a contatto dell’isolamento termico.

Inutile dire che i profili saranno posati in perfetta ‘bolla’ orizzontale. Essi, oltre a dare il piano orizzontale di partenza, proteggono la prima fila da umidità di risalita e infiltrazioni.

Il profilo di partenza va messo sempre, anche se si parte più in alto, rispetto al piano campagna. I singoli pezzi di profilo, dovranno essere opportunamente distanziati, per consentire dilatazioni e ritiri per shock termico.

I profili sono fissati con tasselli, distanziati al massimo, di 30 cm.

Negli angoli e negli spigoli, bisogna tagliare i profili a 45°, per creare la giusta continuità sul perimetro.

La Malta di Incollaggio

Sulla scelta della malta per incollaggio, non c’è molto da sbagliare.

Il padre di tutti gli errori, nella posa di un cappotto termico, è come(!) la malta viene applicata sulle singole lastre.

L’applicazione corretta della malta/colla, è questa:

Ovvero: applicata sull’intero perimetro, con 2 o 3 punti centrali.

Ma fin troppo spesso si vede il più grave degli errori, quello che comporta la maggior parte dei danni e dei vizi, un’applicazione assolutamente sbagliata, questa:

5 soli punti agli angoli e al centro.

Chi lavora in questo modo, o non è specializzato, e si è improvvisato applicatore di cappotto termico, senza fare nessun corso; oppure, sa come si dovrebbe fare, ma specula sul tempo di esecuzione e sul materiale utilizzato.

Non sapremmo dire quale ipotesi sia peggiore, tra le due.

Ma il risultato non cambia, è identico: rottura della finitura a spessore, rottura della rasatura, stacco delle lastre, strappo dell’intonaco, invecchiamento rapidissimo del cappotto termico, crollo delle prestazioni termiche, e avvocati che pestano sui tasti della cassa.

Esempio di lesione al cappotto termico per errori di posa

Proviamo a capire il perchè

La colla non serve solo ad attaccare le lastre.

Serve anche per assorbire e dissipare le tensioni dovute a ritiri e dilatazioni del materiale isolante. Movimenti di allargamento e restringimento, causati dallo shock termico, gli ‘sbalzi di temperatura’.

Non è un difetto del cappotto termico. È una cosa risaputa, considerata, calcolata! Deve, essere così.

Se la lastra non è immobilizzata correttamente, se ne va per i fatti suoi, si muove. E si muove molto! Ogni lastra si incurva, allontanandosi da quelle vicine, che si comporteranno allo stesso modo, dando questo risultato:

Riuscite anche solo a immaginare i possibili danni? L’immagine ha certamente delle deformazioni accentuate, per rendere l’idea in modo intuitivo, ma, se anche ogni lastra di muove di mezzo millimetro, significa una fessurazione di 1 millimetro complessivo, sull’intera parete, e sull’intera tessitura del cappotto termico.

La tensione esercitata dalla lastra sui 5 piccoli punti incollati, è tale che arriva a strappare l’intonaco dal muro.

Un Direttore Lavori che conosce la tematica, non può accettare preventivi e capitolati che prevedono il consumo di 2-3 kg di colla a metro quadro. E non può nemmeno accettare l’applicazione a 5 punti.

Se l’impresa vi risponde “ma io ho sempre fatto così”, beh, cacciatela dal cantiere a calci sul sedere. E non è una metafora.

La posa corretta, invece, mantiene le lastre in posizione, in questo modo:

I numeri

Diciamolo anche in numeri chiari e poco opinabili:

Per una posa a regola d’arte, servono 4 o 5 kg/m2 di colla. Quattro o cinque chilogrammi di colla per ogni metro quadro di parete.

La posa a 5 punti, usa circa 2 kg/m2 di colla. Come può garantire il risultato?

Non è tutto. Diamo altri numeri: la colla deve coprire circa il 40% della lastra, per garantire la corretta tenuta.

I punti centrali, devono avere il diametro pari a circa il palmo di una mano. Più o meno 10-11 cm.

Utilizzo delle Lastre

È arrivato il momento di prendere in mano queste le lastre isolanti, per iniziare a vedere cappotto che prende forma.

Anche in questa fase, come in ognuna, se si vuole ottenere la perfetta regola d’arte è obbligatorio seguire alcune indicazioni indicazioni:

  • usare sempre lastre intere, sfalsate (come nelle immagini precedenti) di almeno 25 cm
  • accostarle perfettamente
  • usare i resti di ritagli solo per piccole superfici residue, e mai usare due pezzi, quando se ne può usare uno
  • in ogni caso, mai usare pezzi più stretti di 15 cm; piuttosto, tagliare la lastra attigua, per inserire l’ultimo pezzo, di almeno 15 cm
  • sugli spigoli e attorno alle porte-finestre, usare solo lastre intere
  • non usare lastre danneggiate
  • non mettere i bordi delle lastre, sui bordi di porte-finestre
  • tenere sempre sotto controllo la planarità delle lastre, mentre si procede
  • sormontare di almeno 10 cm i giunti del supporto, quando cambia il materiale (come dal laterizio al calcestruzzo)
  • rispettare i giusti strutturali di dilatazione, senza coprirli

Il sormonto minimo di 10 cm sulle variazioni di materiale usato nel supporto, come il passaggio dal laterizio al calcestruzzo. Se si realizza il giunto delle lastre del cappotto termico, in corrispondenza del giunto tra materiali diversi, e che hanno comportamenti diversi (movimenti diversi per temperature e caratteristiche fisiche) si aumenta di molto la possibilità che in quel punto di manifesti una grave cavillatura (rottura della rasatura e della finitura a spessore).

Chiudere le fessure con il materiale giusto

Le fessure che potrebbero rimanere tra lastre accostate, devono essere otturate con materiale isolante, e non! lasciate aperte, per riempirle dopo con il rasante!

I materiali giusti sono sostanzialmente 2:

  • strisce di lastra isolante in corso d’uso, prese dai ritagli di scarto; da fare quando la larghezza lo consente
  • schiume isolanti-coibentanti appositamente prodotte; da usare quando le fessure sono troppo strette per poter applicare materiale solido

Sigillare le fessure con il rasante, che non è isolante, significa creare ponti termici. E state sicuri che con una termocamera si ‘beccano’ tutti.

Ma perchè voler fare i furbi? È così difficile lavorare bene? Va contro i propri princìpi?

I TASSELLI

La funzione dei tasselli è quella di resistere al vento; e in particolare, all’effetto risucchio, che può strappare il cappotto termico dal supporto. La trazione esercitata dal vento, può arrivare a 100 kg/m2. Per questo, i tasselli devono essere oggetto di attenta valutazione, nel tipo, nella lunghezza, e nella modalità di posa. Si deve infatti garantire il massimo aggrappo meccanico al supporto.

Non è affatto un aspetto da sotto valutare. Tasselli non idonei o applicati male, possono spezzarsi, saltare via, sfilarsi, con distacco completo del cappotto termico dal supporto, e tutte le possibili conseguenze per persone e cose.

I tasselli devono essere:

  • marcati CE
  • certificati ETA come tasselli specifici per cappotto termico
  • conformi alla 13499
  • idonei per uno o più specifiche categorie di supporto, come indicato nella ETAG 014

Le categorie previste dalla ETAG 014 sono:

  1. calcestruzzo
  2. mattone pieno, laterizi pieni
  3. mattone e pietra a foratura (laterizi forati)
  4. calcestruzzo alleggerito
  5. calcestruzzo cellulare

La categoria per cui è omologato il tassello, è indicata sul piattello (rondella grande, in plastica)

Nota Bene:

Non si può fissare un cappotto termico solo con i tasselli, senza colla. La malta/colla deve sempre essere applicata. Questo, perchè i tasselli oppongono resistenza a forze che tendono a strappare le lastre dal muro. Ma, non hanno alcuna resistenza nei confronti delle tensioni trasversali, provocate dagli sbalzi termici. Quelle tensioni sono dissipate solo dalla colla.

Al contrario, esistono casi, per i quali si può utilizzare la colla, senza applicare i tasselli.

Tali casi però, sono talmente limitati, che si riducono sostanzialmente a un’unica fattispecie: villetta singola di massimo 2 piani, con isolamento in EPS.

Anche questa ipotesi tuttavia, scomparirà a breve, con l’arrivo delle nuove norme europee in materia di risparmio energetico, che renderanno di fatto obbligatori cappotti termici da 20 a 30 centimetri di spessore.

Il tassello va sempre fissato seguendo gli schemi indicati dai produttori e dal manuale Cortexa, mostrati più sotto. Se anche la colla è stata applicata correttamente, si otterrà il rispetto della regola per i tasselli: devono sempre essere applicati nei punti dove sotto la lastra c’è la colla.

I tasselli si devono usare quando:

  • ci sono supporti intonacati (non sapendo con certezza quanto essi possano tenere, o invece staccarsi dal muro)
  • il sistema cappotto termico previsto, ha una massa con peso uguale o superiore a 30 kg/m2
  • l’edificio è più alto di 22 metri (valutazione fatta in funzione dei venti)
  • il supporto è in legno (che tende a muoversi)
  • lo spessore dell’isolamento è uguale o superiore a 10 cm (ormai, quasi sempre)
  • idonei per uno o più specifiche categorie di supporto, come indicato nella ETAG 014

Funzione di sicurezza

I tasselli hanno anche una funzione di sicurezza, contro il crollo del cappotto, dovuto a infiltrazioni d’acqua che possono sfibrare il materiale isolante; soprattutto le lane minerali e fibrose in genere.

L’unico materiale isolante che mantiene stabilità in presenza d’umidità, è l’EPS.

Quando l’isolamento è formato da lana di roccia a due densità, si deve applicare al tassello un piattello aggiuntivo, di diametro aumentato, sino a 9-10 cm.

La quantità di tasselli da applicare per ogni metro quadro di superficie del cappotto termico, è calcolata tenendo conto di:

– altezza dell’edificio

– velocità del vento (dati statistici, tabella T5 del manuale Cortexa, suddivisione zone ventose dell’Italia)

– topografia del luogo (edificio isolato, centro urbano poco denso, o molto denso, ecc., Eurocodice EN 1991-2-4)

Schemi di applicazione dei tasselli

Gli schemi di applicazione dei tasselli, si dividono sostanzialmente in 2 macro categorie:

  • schema a T, per pannelli rigidi, come EPS, Stiferite, ecc.
  • schema a W, per pannelli ‘morbidi’ in lane e fibre

Le tassellature a T, hanno 3 diverse densità (di tasselli su metro quadro):  4 tasselli/m2  –  6 tasselli/m2  –  8 tasselli/m2.  Gli schemi variano anche in funzione delle dimensioni dei pannelli.

In corrispondenza degli spigoli, la densità non potrà comunque essere inferiore a 6 t/m2, come nello schema seguente:

I pannelli in lana e fibra, hanno gli angoli ‘deboli’, quindi bisogna tassellarli più all’interno con lo schema a W, nel seguente modo:

Ulteriori schemi, sono consultabili nel Manuale Cortexa, al capitolo delle tassellature.

L’uso del trapano per i tasselli

Non si può usare sempre la percussione!

Sui laterizi forati, e sul calcestruzzo cellulare si deve usare solo la rotazione, con punte più dure.

Sul calcestruzzo e sul laterizio pieno, si può usare anche la percussione.

Questo perchè la percussione rompe il materiale all’interno, riducendo drasticamente la tenuta meccanica del tassello, con tutti i rischi conseguenti.

Con spessori del cappotto termico piuttosto ridotti (8 cm), il tassello va conficcato sino a portarne la parte più esterna della testa, a filo della superficie delle lastre.

Con spessori da 10 cm in su, il tassello va portato in profondità, e coperto con una rondella isolante:

I tasselli vanno affondati con le apposite frese, non a martellate !

Se non si è sicuri della tenuta del supporto (il muro dove si infilano i tasselli), perchè non lo si conosce, e non si hanno dati attendibili, bisogna fare delle prove di strappo sul posto.

15 prove. Si tengono in considerazione le 5 peggiori, si fa la media, e si applica un fattore di sicurezza pari a 4. Per maggiori informazioni, consultare il manuale Cortexa.

LA RASATURA ARMATA

La rasatura, è chiamata anche ‘intonaco sottile‘, ‘intonaco di fondo‘ o ‘rasante‘. La sua funzione è quella di proteggere le lastre dell’isolamento, assorbendo e assecondando i movimenti plastici delle stesse. Il rasante è un intonaco vero e proprio, ed è sottile per consentire il movimento plastico, che non sarebbe possibile con spessori di 1-2 centimetri.

Deve essere sempre armato con una rete in fibra di vetro. Altrimenti non potrebbe e non riuscirebbe a resistere alle tensioni di trazione, dovute agli shock termici.

In genere, ha la stessa natura della malta per l’incollaggio delle lastre.

Teoricamente, sarebbero due prodotti leggermente diversi ma, i produttori di sistemi a cappotto, sanno che per la Legge di Murphy, se portano in cantiere due prodotti, la colla finisce al posto del rasante, e viceversa. Così, si è messo a punto un prodotto unico per entrambe le funzioni.

In alcuni casi, comunque, continuano ad esserci due prodotti ben distinti.

Componenti della rasatura

Per le caratteristiche plastiche richieste al rasante, questo non potrà mai essere totalmente minerale (sabbia, cemento, calce) , e dovrà contenere anche una parte di resina; in misura variabile, dal 2% al 6%.

Alcune colle (quella che va sotto, le lastre), contengono solo resina.

Gli spessori della rasatura, variano in funzione di alcuni elementi, come indicato nella tabella T6 del manuale:

Prima della rasatura

  • carteggiare tutti gli eventuali ‘scalini’ tra lastre non complanari. Perchè, se si rasa senza livellare, si ottengono 2 spessori diversi di rasatura, con prestazioni meccaniche diverse, e quindi, la linea del ‘gradino’ è suscettibile a possibili cavillature e rotture.
  • applicare tutti i vari accessori: paraspigoli, angoli, rinforzi. I profili d’angolo si applicano direttamente sul materiale isolante, prima della rasatura.
  • armare con fazzoletti di rete d’armatura, delle dimensioni di circa 20×40 cm, ruotati di 45°, tutti gli angoli degli imbotti di porte e finestre.
  • sui giunti strutturali di dilatazione, si applicano i pezzi speciali, che lo coprono assecondandone i possibili movimenti.

La rete d’armatura

Mai, mai, mai, e poi mai, attaccare la rete d’armatura direttamente sulle lastre isolanti, con delle puntine, per poi rasare sopra in un’unica mano.

Significa non aver capito nulla del funzionamento meccanico del sistema. Oppure, se lo si conosce ma si lavora male comunque, significa essere spudoratamente dei mediocri, disonesti, poco professionali, e privi di passione per il proprio lavoro.

La rete d’armatura resiste alle tensioni di trazione, che avvengono sull’esterno del sistema, e sull’esterno dello spessore del rasante. Se si applica la rete all’interno, oltre a non lavorare per nulla, si avrà il distacco ‘a foglio’ del rasante, che non si sarà aggrappato alle lastre isolanti.

Esempio di rete posata male

I 3 tempi della rasatura

La rasatura avviene in 3 tempi:

  • applicazione primo strato di rasante, pari a circa 2/3 dello spessore totale del rasante previsto
  • applicazione della rete di armatura
  • applicazione dello spessore rasante a finire, minimo 1 millimetro, massimo 3 millimetri

I fogli di rete devono sovrapporsi di almeno 10 cm. Si deve applicare una seconda rete di rinforzo nei punti critici, prevedibilmente più sollecitati.

La rete d’armatura del rasante, dev’essere:

  • ben tesa
  • priva di pieghe
  • far parte del sistema cappotto termico, assieme agli altri componenti
  • posata dall’alto verso il basso

In casi molto particolari, si possono avere spessori di rasante fino a 9 millimetri, con all’interno 2 distinti e staccati, strati di rete d’armatura.

Per una buona rasatura, a regola d’arte, servono almeno 4 o 5 chilogrammi di rasante per metro quadrato di superficie.

LA FINITURA a SPESSORE

Ultimata la rasatura, l’ultimo elemento del Sistema è la Finitura a Spessore. Per intenderci, è quella che normalmente potremmo chiamare ‘la tinteggiatura‘, perchè contiene anche l’elemento cromatico che conferisce l’aspetto finale all’edificio.

È giusto far presente che si possono realizzare rivestimenti particolari sopra un cappotto termico, come l’effetto mattone faccia a vista, o la pietra ricostruita. Sono sistemi che devono essere opportunamente progettati e predisposti a monte, fin dall’inizio, per creare il Sistema con i necessari accorgimenti e aggiustamenti.

Non possiamo arrivare a fine lavori del cappotto pensato per una normale tinteggiatura, e chiedere di applicare un mattone ricostruito.

Finitura come componente del Sistema

Anche la finitura a spessore è, come tutti i precedenti, un elemento compreso nel Sistema Cappotto Termico Esterno, fornito dallo stesso produttore. Ricordiamo ancora che, scegliere per la tinteggiatura un prodotto che non è parte del sistema, significa perdere la garanzia sull’intero pacchetto già eseguito.

La finitura a spessore, infatti, non è solo ‘tinteggiatura’, ha anche altre proprietà tecniche e prestazionali, e la scelta del colore non è totalmente libera. Quest’ultimo strato di finitura deve infatti rispondere ai seguenti requisiti:

  • avere un coefficiente di riflessione della luce, maggiore o uguale a 20, per evitare temperature troppo alte nel Sistema del cappotto termico.
  • i colori devono essere fotostabili, e composti di soli pigmenti inorganici-ossidi.
  • essere prodotti in modo specifico per i sistemi termoisolanti, e composti con la granulometria prescritta.
  • avere un’alta idrorepellenza, e resistenza a muffe e formazioni vegetali parassite in generale.

Tonalità scure

Si possono realizzare anche pareti molto scure, persino nere, ma come per i rivestimenti ‘pesanti’, è necessario progettarlo fin dall’inizio, per adottare gli accorgimenti necessari, tra i quali l’uso di speciali sistemi termoriflettenti.

Temperature di esercizio

Il cappotto termico lavora con temperature che arrivano a 60-70° C. Un rivestimento molto scuro, senza i necessari accorgimenti, arriverebbe a 80-90° C.

Non si possono in alcun caso, usare:

  • l’idropittura, che non resisterebbe al tempo
  • elastomeriche, perchè non lasciano passare il vapore, e non sopportano le elevate temperature estive raggiunte dal sistema

Nei fatti, l’unica finitura utilizzabile sopra un cappotto termico è l’intonachino termoplastico, con uno spessore minimo di 1,5 millimetri.

Tempo di applicazione

La finitura a spessore protegge l’intero Sistema. Per questo motivo, la regola dell’arte prevede che si applichi subito. Non va bene, finire la rasatura, e poi lasciare l’edificio mesi o anni, senza l’ultima finitura protettiva, perchè la si considera semplicemente ‘tinteggiatura’ non indispensabile.

Se non si applica subito, nel ciclo di cantiere, bisogna prevedere una protezione delle pareti, dalla pioggia battente e dal sole diretto. Diversamente, l’acqua piovana favorirà la proliferazione di micro organismi all’interno del cappotto.

Prima di applicare la finitura a spessore, bisogna attendere la perfetta essiccatura del rasante.

Accorgimenti

Se il rasante utilizzato è solo minerale, e non contiene resine, bisogna applicare la finitura a spessore in due mani; applicare la prima, attenderne l’asciugatura, e poi applicare la seconda.

Per iniziare la fase di finitura, bisogna avere le giuste condizioni climatiche, rispettando le prescritte temperature dell’aria, del supporto, e dei materiali usati.

Controllare i tempi e le superfici da trattare nella stessa fase di lavoro, per evitare delle riprese da un giorno all’altro, che sicuramente daranno luogo a ‘segni’ visibili, e anti estetici, a lavoro ultimato, dando adito a contestazioni da parte del cliente.

Il segno visibile, non provoca nessun danno di tipo tecnico. È ‘solo’ un elemento esteticamente sgradevole.

Quindi, programmare gli specchi da eseguire in un’unica fase lavorativa, e le linee di ‘rottura’.

CONSIDERAZIONI

Alcuni costruttori sono ancora scettici nei confronti del cappotto termico. La loro perplessità è legata al dubbio sulla durabilità del materiale. Si chiedono “cosa sarà rimasto di quel ‘polistirolo’ tra 20 anni?”, e si riferiscono all’esperienza (nota agli addetti ai lavori) di chi ha avuto modo di ispezionare le intercapedini nei muri a ‘cassetta’ (i doppi muri con isolamento all’interno) realizzati negli anni ’70, e coibentati con il ‘polistirolo’: non ne è rimasta traccia, scomparso.

Vero. Tuttavia:

  • i materiali di oggi sono diversi, e più performanti, rispetti a 40-50 anni fa;
  • il problema non cambia con le soluzioni alternative.

Le soluzioni alternative ormai sempre più diffuse, vedono l’uso dei blocchi-cassero in legno cemento, con il getto in calcestruzzo all’interno. Per ottenere classe A dell’edificio, si devono usare blocchi con all’interno uno strato isolante, che è sempre in EPS (‘polistirolo’).

Motivazioni

Da parte nostra, riteniamo la soluzione migliore rimanga il cappotto termico, rispetto ai casseri, per i seguenti motivi:

  • tra 20, 30 anni, o forse più, sul cappotto si interviene con estrema facilità, dall’esterno, e senza metodi invasivi. Dentro un muro in casseri di legno cemento, con all’interno una cavità irregolare (lasciata dal polistirolo), non è possibile intervenire. Si può solo -con le tecniche attuali- procedere con un insufflaggio di materiale sfuso, come la cellulosa, o di schiume, senza per altro avere la certezza di riempire e saturare completamente la cavità.
  • il cappotto termico elimina in modo uniforme quasi tutti i ponti termici, con la sola esclusione dei poggioli, cornici, e sporti vari, per i quali bisogna adottare appositi prodotti ormai diffusamente presenti nel mercato edilizio. La performance del cappotto è uniforme sull’intera superficie. Il muro in casseri invece, è composito, con un’alternanza di legno, EPS, calcestruzzo, che costituisce una scacchiera stratigrafica, avente diverse caratteristiche coibentanti.
  • non a tutti può interessare un ultimo aspetto, ma chi scrive non vivrebbe e soprattutto non dormirebbe mai, in un edificio la cui ‘scatola esterna’ sia formata da una rete d’acciaio che forma una gabbia metallica, perchè totalmente contraria ai criteri della bioedilizia, in cui crediamo. Non per una questione di principio, ma per oggettive cause-effetto, delle quali non è questa la sede opportuna per una trattazione.

Il problema della sostenibilità ambientale

Sentiamo il dovere di far presente al lettore che aspetti come la sostenibilità ambientale e l’economia circolare sono oggi una realtà.

Ogni intervento edilizio, a breve, dovrà tenere conto di questi aspetti: smaltimento dei materiali da costruzione, e loro possibile riutilizzo.

Il polistirolo è di difficilissimo smaltimento. La lotta alla plastica è già iniziata.

Quindi, favorevoli al cappotto termico esterno, si, ma con materiali di facile smaltimento futuro. L’EPS, allo stato attuale, non soddisfa questo criterio.

Con questo, abbiamo finito la descrizione generale di cosa sia un Sistema Cappotto Termico Esterno.

Quì sotto il video Webinar realizzato da Cortexa. Per vostra informazione, nel canale YouTube di Cortexa, trovate altri interessanti video relativi al sistema cappotto.

PREZZI CAPPOTTO TERMICO

Riceviamo molto spesso delle email con richieste di preventivi per cappotti, provenienti non solo da fuori provincia, ma anche da fuori regione e da fuori Italia.

Un’altra richiesta frequente, è per avere un consiglio su come trovare un’impresa nella propria zona, che esegua cappotti usando i metodi descritti in questo articolo.

Dopo un buon numero di richieste in tal senso, abbiamo pensato di inserire qui, ciò che normalmente rispondiamo in posta elettronica.

Noi non facciamo cappotti termici

Abbiamo pubblicato questo post perchè:

  • il cappotto termico è parte del processo edilizio
  • ci preme diffondere la cultura del buon fare
  • ostacolare nel nostro piccolo, i ‘furbetti del cappotto’

Come chiedere un preventivo

In generale riteniamo ci sia un errore di fondo nell’approccio che hanno i privati quando intendono eseguire un cappotto.

Pensano erroneamente che:

  • esista un unico cappotto universale sempre uguale per tutti;
  • una zona di cantiere sia uguale a un’altra;
  • tutti gli edifici siano uguali tra loro per caratteristiche e implicazioni tecniche esecutive;

Credendo questo, il privato chiama svariate ditte chiedendo semplicemente “quanto costa il cappotto?”.

Non funziona così. Ognuno è libero di credere quel che ritiene, e agire di conseguenza ma, riteniamo che questo sia un approccio sbagliato e foriero di numerosi successivi problemi. In ogni caso, è improbabile che un approccio di questo tipo possa poi concretizzarsi in un’effettiva realizzazione del lavoro.

Riflessioni

Una lavorazione edilizia, non è un oggetto industriale prodotto in serie e acquistabile in ogni parte del mondo via Amazon. E’ un lavoro fatto a mano, da operai, in ogni singola e diversa zona. Il vero preventivo può esser fatto solo da un’impresa che viene sul posto, vede concretamente cosa c’è da fare, e si impegna a fare quel lavoro, per quel prezzo.

Facciamo un solo esempio su tutti: fare un cappotto termico su un edificio di forma cubica, con poche finestre, nessuna cornice o poggiolo (balcone) o sporto o altro, bordi attorno alle finestre (magari in pietra, sporgente), modanature, bugnature; non è la stessa cosa, e non ha lo stesso costo, di un cappotto da eseguire su un edificio che al contrario ha una forma irregolare, con vari angoli e spigoli, molte finestre, decori, bordi, sporti, e tutti quelli elementi architettonici sui quali bisogna lavorare, trovare soluzioni tecniche, e in sostanza spendere tempo, materiale, e quindi denaro.

Poi, avviare ed eseguire un cantiere per fare 100 metri quadri di cappotto, non ha gli stessi costi di un cantiere per fare 1.000 metri quadri, anche a parità di difficoltà delle pareti.

Nessuna impresa seria, farà un preventivo per una casa mai vista, lontana, in un contesto che non conosce, e dove non potrebbe in ogni caso andare.

Quindi  come si dovrebbe procedere?

La prima cosa da fare, è chiamare un termotecnico, e non un’impresa.

L’impresa è solo un’esecutrice, non una calcolatrice di ponti termici o di ‘punti rugiada’. Un termotecnico preparato farà l’esame dell’edificio esistente, valuterà se e quale sistema a cappotto sia opportuno, e con quali benefici termici-economici finali. Tra l’altro, il suo apporto è quasi sempre necessario per svolgere le pratiche legate agli sgravi fiscali, oltre alla produzione dell’attestato di prestazione energetica, finale.

Il termotecnico è un progettista; non di un edificio, ma dei componenti legati all’efficienza energetica (impianti, cappotto, serramenti, ecc.). Sceglierà i materiali più idonei per quell’edificio, e per ottenere quel risultato atteso; il tutto discusso assieme al committente, tarando l’intervento e i prodotti in base al risultato atteso e al budget disponibile. Infine, predisporrà un Computo Metrico preciso e dettagliato, con elencate tutte le lavorazioni da eseguire, i materiali (anche con marca e prodotto).

A questo punto si potrà dare copia del Computo Metrico a 5 o a 100 ditte, per fare altrettanti preventivi, che -cosa importante- saranno realmente confrontabili tra loro, perché conterranno prezzi basati tutti sullo stesso identico oggetto. Diversamente, si potrebbero avere 100 preventivi fatti uno per le mele, e l’altro per le pere, non oggettivamente confrontabili.

La figura del Termotecnico

Il termotecnico ha un costo, certo. Ma questa è l’unica strada corretta. Tutte le altre strade seguite per risparmiare qualcosa, finiranno ineluttabilmente in un nulla di fatto, in maggiori costi finali, se non addirittura in contenziosi legali.

Sperare di trovare l’impresa che in base ‘alla sua esperienza‘ esegua i calcoli al posto del termotecnico (risparmiandone così il costo), usi il buon prodotto con la buona regola, e che lo faccia a un prezzo basso, perché la si è trovata in internet, è una prassi molto diffusa ma ingenuamente utopistica.

Importante è non sbagliare nella scelta iniziale del termotecnico. Anche in questo caso è consigliabile non fare una scelta basata solo sull’onorario del professionista, ma farla solo sulla sua competenza. Non bisogna commettere l’errore di credere che un progettista valga un altro. Non è così. Ci sono quelli davvero preparati, e quelli che ‘si buttano nel business’. Costano poco ma il loro lavoro non è quello di dare un risultato competente, quanto quello di produrre carte con un software.

Come trovare un’impresa nella propria zona

In questo articolo abbiamo descritto la modalità esecutiva a regola d’arte secondo il manuale Cortexa. Se si desidera trovare un’impresa locale che adotti questi prodotti e questa regola dell’arte, il nostro consiglio è:

  • Individuare il ‘rappresentante’ di zona per una delle aziende del consorzio Cortexa. È lecito ritenere infatti, che se un’impresa acquista i prodotti di quest’azienda, li applicherà seguendo le indicazioni della stessa.
  • Contattare il rappresentante di zona, e farsi indicare una o più imprese edili alle quali vende normalmente i prodotti.

Per individuare l’agente di zona della IVAS (una delle aziende del consorzio Cortexa) consultare questa pagina.

Prezzo di un cappotto

Per tutti i motivi appena descritti, non è possibile indicare ‘un prezzo’ a metro quadro. Verrebbe preso come riferimento universale, considerato alto o basso, confrontandolo con il nulla. Ci rendiamo conto che può sembrare antipatico ma, la realtà è che un cappotto termico, come qualsiasi altra opera edile, ha il suo giusto costo; che non è il più basso, ma quello che prevede un dato risultato con un dato prodotto, in una data zona, a un dato prezzo.

Voci di un prezzo per cappotto termico

L’opera edilizia di fornitura e posa di un cappotto termico è composta da 3 voci, ognuna con un proprio costo:

  • Ponteggio, a norma di sicurezza e con allarme;
  • Sistema cappotto termico
  • Tutte le opere accessorie: soglie, davanzali, cornici, eccetera.

Un’impresa che posa cappotti può dire al volo il costo standard per ponteggio e sistema, ma non per tutte le opere accessorie; che possono essere modeste o molto impegnative.

Per questa specifica voce, il committente dovrebbe aver già predisposto un elenco. Di mano sua se sono opere modeste, fatto da un professionista se sono opere articolate.

Per fare questo, bisogna avere quel budget disponibile. Se non lo si ha, è inutile ‘cercare in internet’ (dove si pensa di trovare anche l’impossibile) o sperare negli amici degli amici. Semplicemente, si rinuncia.

Ultimo ma non ultimo: la normativa sull’efficienza energetica è costantemente in fase di aggiornamento, e quel che andava bene ieri, non va bene oggi, e quasi certamente non andrà bene domani. Questo non dipende ne dalle imprese esecutrici, ne dai termotecnici. È l’Europa politica, che ci cala dall’alto le Leggi. A ognuno, la scelta, se fare le cose seguendo le regole, o farle alla ‘Dio ce la mandi buona’.

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